giovedì 31 maggio 2007

Verona stravince


In controtendenza rispetto alle altre città, i telegiornali non hanno fatto sapere che l'affluenza dei veronesi alle urne è stata più alta rispetto alle volte precedenti, e c'è voluto Maroni per farlo sapere a Porta a Porta.
Il Tg1 delle 20.00 ha mentito ai telespettatori, che pagano il canone, mostrando per il neocandidato della Cdl sindaco di Verona Flavio Tosi, percentuali primordiali, al di sotto del 60% e relative al 13% dello spoglio. In realtà al momento della trasmissione lo spoglio aveva raggiunto il 50% delle sezioni e la percentuale della Cdl era costantemente superiore al 60%, come correttamente mostrato alla stessa ora al Tg5.


Ipocrisia pre-elettorale di sinistra.
Siccome il neocandidato di centrodestra si proponeva con un programma che prevedeva anche la risoluzione dei problemi, mai risolti, alla viabilità,
il sindaco (di centrosinistra) uscente Zanotto, in campagna elettorale ha aperto lavori in un mare di strade per far vedere che faceva qualcosa e quindi per far ricredere gli elettori sul suo operato. Ha perso ugualmente perché i veronesi non sono stupidi. La conferma: tutti quei lavori, iniziati giorni fa, oggi sono fermi! 
Invece, i lavori per la viabilità portati a termine nell'ultimo anno, sono esteticamente carucci ma, inutili, di intralcio e pure pericolosi. E' l'unico sindaco, ad esempio, che ha avuto l'intelligente idea di fare una ristretta pista ciclabile tra lo scalino di un marciapiende, cioè sull'asfalto, e una fila di posti auto a ridosso del marciapiede stesso. Sostanzialmente, se il ciclista passa tra il marciapiede e la fila di auto parcheggiate, nel momento in cui un'auto sta per parcheggiare i due non si possono vedere e rischiano una collisione. Il ciclista può beatamente cadere contro lo spigolo del marciapiede. Non solo ma, questo tratto di pista ciclabile, inutile, è ancora più inutile perché è lungo 10 metri, e collega niente al nulla. E' un segmento piazzato lì e basta.
Possiamo poi parlare di incroci in cui le auto nemmeno riescono ad inserirsi perché lo spartitraffico obbliga il conducente ad una curva ad angolo retto, cosicché tutti rimangono bloccati. Oppure possiamo parlare di una delle principali vie della città, che per mettere 4 fioriere ha dimezzato le sue capacità di parcheggio, è diventata più pericolosa, e per parcheggiare bisogna essere dotati di sterzo anche alle ruote posteriori.

Altro esempio di lavori fatti in fretta e furia solo per le elezioni. Un pezzo di asfalto volante è stato messo per pochi metri in una via completamente rivestita di porfido e che, porfido e non asfalto richiede da sempre. Praticamente, il nuovo sindaco dovrà ri-tirare via l'asfalto, e ri-mettere il porfido. A spese dei cittadini.

Queste scene di ipocrisia pre-elettorale, sono le stesse che hanno fatto l'Unione alla Conferenza Nazionale sulla Famiglia il giorno prima delle elezioni, e il ministro della salute Turco proponendo, ieri giorno di elezioni, di mandare i Nas nelle scuole per combattere la droga!
E quindi mi ripeto ancora: quanta ipocrisia.
(Da parte della Turco poi, ipocrisia alla quarta. Primo perché lei aveva raddoppato la dose personale consentita, secondo perché ha proposto i Nas il giorno delle elezioni, terzo perché se decidi di mandare i Nas nelle scuole non devi certo dirlo alla televisione permettendo così a spaggiatori e scolari di non farsi trovare impreparati, quarto perché non risolve il problema della droga.)

Tornando alle elezioni, questa volta per la città di Vicenza, mi si illuminano nella mente gli ultimi slogan dei comunisti: No Dal Molin! No alla base Usa! Vicenza non vuole la base Usa!
Quanto han preso i comunisti a Vicenza?

Infine, l'Unione dice che Al Nord c'è un problema... No no! Non c'è alcun problema, stiamo benissimo, il problema l'abbiamo risolto votando. :-)
Oggi la città sorride, è contenta, i cittadini si sentono considerati e protetti. Piove, governo ladro, ma vediamo il sole ugualmente.


L’ottimo Aribandus su www.sulterrorismo.splinder.com

mercoledì 30 maggio 2007

Sono sempre in bilico, in equilibrio precario.


Se accontento gli altri scontento me stessa e viceversa.


Ma sono fatta così male? Sempre colpa dell’infanzia? Dell’adolescenza? Quante scorie di un’infanzia non normalissima devo portarmi appresso. Vengo prima io o prima gli altri… un bilanciamento non c’è, purtroppo.


Devo continuare a tollerare situazioni in cui mi trovo a disagio. Inadeguata. Alla mercè degli eventi e delle persone.


Alternativa: non sei normale, sei diversa. Devi adeguarti. Forse sono integralista anche per quanto riguarda la sfera privata. Sono fatta male. Se un evento fa soffrire vuol dire che è sbagliato o sono sbagliata io?

domenica 27 maggio 2007

mercoledì 23 maggio 2007

Nessuno diventa quello che veramente desidera
si chiama crescere
bisogna farlo prima o poi!
The business of strangers

martedì 15 maggio 2007






Tanti pensano che i delfini siano “solo” pesci come la sogliola o il merluzzo, può sembrare strano, ma parte le “abitudine acquatiche” che hanno in comune con i pesci, per il resto sono molto più simili a noi.  I delfini sono mammiferi a sangue caldo, vivono in branchi e dispongono di un sistema di comunicazione complesso come un vero e proprio linguaggio.  Si accoppiano e danno alla luce piccoli che allattano e respirano tramite polmoni. All'interno di ogni branco vige una rigorosa gerarchia sociale in cui i maschi sono gli individui dominanti seguiti dalle femmine e dai giovani. In ogni gruppo le femmine e i piccoli nuotano al centro del branco in modo che i maschi possano proteggerli da attacchi nemici. C'è sempre una forte coesione: addirittura se un membro del branco è in difficoltà e incapace di nuotare, i compagni lo sorreggono portandolo spesso in superficie a respirare. Alcune curiosità: nelle immersioni notturne i delfini si riconoscono perché hanno gli occhi iridescenti come quelli dei gatti. I delfini devono sempre andare in superficie per poter respirare aria, dunque stanno sempre in movimento; per questo motivo dormono con un solo emisfero cerebrale per volta e contemporaneamente tengono un occhio chiuso e uno aperto.



Questo splendido animale è letteralmente massacrato in Giappone. Ogni anno i pescatori giapponesi intrappolano e uccidono barbaramente 20.000 piccoli cetacei a Taiji, Iki e Futo. Molto delfini destinati ai delfinari vengono selezionati proprio durante queste stragi, per esser rinchiusi a vita.  Con l'autorizzazione del governo giapponese, che stabilisce quanti animali possano venire uccisi durante la caccia, questi mammiferi vengono spinti dentro baie, dove la maggior parte di loro soffre una lenta e dolorosa morte causata da fiocine e uncini. Dopodiché la carne altamente tossica di questi animali, spesso fatta passare per carne di balena, è venduta ai consumatori giapponesi nei negozi e nei ristoranti, avvelenando così gli stessi cittadini.
Fortemente finanziato dall'industria dei delfini in cattività, disposta a pagare oltre 20.000 dollari per ciascun delfino, questa caccia diventa un'attività redditizia per questi brutali massacri.

Firma QUI una petizione per chiedere al Ministro della pesca giapponese che venga fermata la mattanza dei delfini e piccoli cetacei  e QUI  per inviare una lettera di protesta.


grazie a Orpheus  http://orpheus.ilcannocchiale.it/

lunedì 14 maggio 2007

Le danze sono aperte




Ascella si alza

piroetta davanti all'armadio

fissa il tavolo

nuova piroetta

e fissa il tavolo

doppio clic sull'avanzamento rotolino

poi strappa la carta dalla calcolatrice

 


Ascella si ri-alza

ri-piroetta davanti all'armadio

fissa il tavolo

nuova piroetta

e fissa il tavolo

doppio clic sull'avanzamento rotolino

poi strappa la carta dalla calcolatrice

 


Ascella si ri-ri-alza

ri-ri-piroetta davanti all'armadio

fissa il tavolo

nuova piroetta

e fissa il tavolo

doppio clic sull'avanzamento rotolino

poi strappa la carta dalla calcolatrice

 

giornata piena oggi


venerdì 11 maggio 2007

Il buco laziale vale l’Ici d’Italia


Sarà ancora una volta una fiducia, l’ennesima - il voto è previsto per oggi pomeriggio - l’unica strada trovata da Prodi e compagni per far passare il decreto scandalo che premia le regioni indebitate sul fronte della sanità. Tre miliardi è la cifra che l’esecutivo darà in premio a chi non ha saputo amministrare il capitolo sanità, che da solo vale l’80 per cento del bilancio regionale. Uno schiaffo alle cosiddette regioni virtuose, dal Veneto alla Lombardia, quelle cioè che a suon di sacrifici fanno quadrare i conti. Lazio, Campania, Abruzzo e Molise le quattro più indebitate guidate dal Lazio che da solo registra un debito colossale di ben 10 miliardi di euro e che riceverà anche la fetta più grande: 2 miliardi e trecento milioni dei tre complessivi stanziati dal Governo.
C’è un dato sul quale bisogna riflettere in maniera particolare.
Il Lazio ha un buco sanitario di 10 mila milioni di euro. Una cifra astronomica pari al gettito Ici di un anno versato da tutto il Paese, da Bolzano a Lampedusa.
Ma le critiche al provvedimento sono anche di ordine costituzionale: questo decreto è stato emanato con la dichiarazione del presidente della Repubblica che ne rileva i requisiti di necessità e urgenza. La Costituzione, indica che questi requisiti siano rilevati dal Governo e non dal Capo dello Stato. Questo meccanismo è già di per sé strano. Ma non c’è solo questo: «Il secondo problema riguarda il principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Mi chiedo e chiedo come si può pensare che un cittadino sia uguale ad un altro quando si sottraggono delle risorse al primo per darle al secondo. Ciò é grave e il governo dovrebbe darne spiegazione. Ma spiegazioni non ne sono arrivate nemmeno su un altro punto: e cioè dove siano i requisiti d’urgenza che ogni decreto deve contenere. Il provvedimento, infatti, non viene preso perché c’è «la minaccia di sospendere l’attività di assistenza sanitaria ai cittadini».
Qui si parla di debiti, tanti, che alcune regioni hanno accumulato negli anni e invece di trovare meccanismi per evitare che disastri del genere possano ancora accadere, il Governo, ancora una volta, decide di far pagare ai cittadini del Nord il conto delle regioni spendaccione. A dimostrazione, taglia corto che “equità e giustizia non sono valori e principi che appartengono alla sinistra”.
Riassunto da Iva Garibaldi.
Amministrazioni rosse, una garanzia di spreco.
Orpheus


Grazie a Mary tratto dal suo blog  http://orpheus.ilcannocchiale.it/

Serenissimi, vendetta di Stato


 


Dieci anni fa issarono la loro bandiera. Color rosso porpora, bordata oro, con il Leone alato in primo piano. La loro bandiera era il simbolo di una libertà che sentivano di non avere. Andarono in prigione, marchiati come golpisti. Erano invece dei sognatori. Sono dei sognatori, perché dei dieci Serenissimi solo il Bepin non c'è più. Morto di galera, anche se i referti medici parlano di morte naturale. Un sognatore non muore mai di morte naturale. E loro, i Serenissimi, sognatori lo sono sempre stati.
Ne subirono di ogni per quell'assalto al Campanile, azione sgangherata ma non burlesca, ideale più che reale. Un trattore camuffato da tanko, un fucile della Seconda guerra mondiale, il cappuccio in testa: non sarà stato mica un commando vero. Nella storia di questo strano Paese, la banda armata ha lasciato lunghe strisce di sangue, centinaia e centinaia di bussolotti in terra e cattivi maestri teorici del conflitto a fuoco. Di tutto questo non fecero nulla. Eppure Luigi Faccia, il compianto Giuseppe Segato, Gilberto Buson, Cristian e Flavio Contin, Antonio Barison, Luca Peroni, Moreno Menini, Fausto Faccia e Andrea Víviani il mattino dei 9 maggio '97 furono arrestati e trattati come i peggiori criminali. Neanche fossero quelli della Banda della Magliana, della Banda del Circeo o le Brigate Rosse. No, i Serenissimi non spararono nemmeno un colpo. Chiedevano di essere ascoltati: volevano tomare alla Repubblica di Venezia mica alla dittatura del proletariato. Volevano riprendersi la loro Storia, pensate un po' che reato. Lo Stato scomodò i reparti speciali dei Carabinieri, tiratori scelti sui tetti, elicotteri e lacrimogeni per acciuffare questi eversori farabutti.
Attentato all'unità dello Stato. Fu questa la contestazione, oltre alla banda armata e a interruzione di pubblico servizio (avevano dirottato un battello per arrivare a piazza San Marco con il loro mezzo blindato, pagando regolare biglietto), dei giudici tra cui il solito Papalia. Prese loro, lo Stato, per dare un esempio a chi parlava di secessione. Toccò ai Serenissimi. Poi a Umberto Bossi e altri leghisti. II Senatur, la mossa del Campanile, dapprima non la capì; anzi ne prese le distanze perché temeva che fosse opera dei Servizi segreti per creare panico tra le genti del Nord. Poi però ammise che erano figli della stessa battaglia identitaria.
Erano gli anni della Lega secessionista. Erano gli anni della Lega che prendeva oltre il dieci per cento, con punte del 30 in Veneto. Bossi faceva il pieno di voti e Roma non capiva cosa stesse accadendo. Bossi parlava di identità, di soldi che dovevano restare sul territorio per gli investimenti, di storie e culture locali. Scaldava i cuori, quando la politica non emozionava più. Erano quegli anni lì.
Bepin e gli altri non erano però leghisti. Sono veneti. Di più, sono della Repubblica di Venezia. Sono della Serenissima cancellata da Napoleone. Per le loro idee ebbero processi su processi. Condanne pesanti rispetto al niente che combinarono. Ma lo Stato doveva dare l'esempio. Certo, non poteva fargliela passare liscia; ma non ci fu nessuna proporzione tra fatto e pena. Volle punire per mettere a tacere ciò che non capivano allora e non capiscono ancor oggi. Dieci anni dopo quell'assalto, una parte del Veneto fa la secessione, con un referendum, e si annette al Trentino. Altri seguiranno l'e - sempio di Asiago e dei comunelli dello stesso Altipiano. Ognuno vuole la libertà. E se la prende. Anche a costo di secedere da un qualcosa. La secessione fa paura a uno Stato debole. Distaccarsi da qualcosa non è staccare il frutto proibito, la mela del peccato originale. Si può essere secessionisti anche stando sotto lo stesso tetto: la cultura, la lingua locale, la propria storia, la propria bandiera non si barattano. È molto di più del Campanile.
Lo sanno gli scozzesi che proprio pochi giomi fa hanno votato lo Scottish National Party, infilzano il partito laburista di Blair che pure aveva aperto alla causa scozzese. La vittoria dei nazionalisti scozzesi (sostenuti dall'attore Sean Connery) spalancherà le porte al referendum per l'indipendenza della Scozia entro il 2010. Venti indipendentisti soffiano anche in Catalogna, nei Paesi Baschi, in Galizia; sempre in Gran Bretagna con la questione gallese e irlandese. Tradizione politica forte è infine quella della Cuncolta Nazionalista Corsa. In alcuni di questi casi si tratta di questioni politiche con tensioni persino drammatiche, alle quali la politica ha l'obbligo di dare una risposta.
L'assalto al Campanile e la questione settentrionale fanno parte dello stesso filone politicoculturale. Lo Stato potrà anche credere che la prigione può essere più forte della storia o che si può barattare una legge elettorale per tenere a bada la forte richiesta di federalismo e di libertà. Ma non è così. Lo insegna la storia. Al Nord come al Sud. A Est come a Ovest. L'Europa intesa come SuperStato è stata sconfitta dai popoli. Non è un caso se solo in Italia si continui a guardare all'Europa come a un Eldorado di salvezza, mentre nelle recenti elezioni in Francia nessuno dei due candidati si è particolarmente scaldato per sostenere le ragioni di Bruxelles. E men che meno l'ha fatto Sarkozy.
Dieci anni sono trascorsi dalla notte dei Serenissimi. Per loro fu la notte di un sogno. Fu la notte di un'ideologia e di una passione srotolate male. Fu la notte in cui valeva la pena rischiare la vita per una bandiera. La propria storia.


Gianluigi Paragone su Libero

mercoledì 9 maggio 2007

39+1 suona decisamente meglio... e non voglio essere contraddetta.


Chiaro?


domenica 6 maggio 2007













Raccolta differenziata: l'Italia e' sotto quota 25%
Veneto regione piu' virtuosa, Molise maglia nera
(ANSA) - ROMA, 6 MAG - Gli italiani non separano i rifiuti. La percentuale media di raccolta differenziata nel nostro Paese e' infatti sotto al 25%. Gli obiettivi erano del 35% nel 2003 e il 40% nel 2007. Secondo l'Apat la Regione piu' virtuosa e' il Veneto (47,7%), poi Trentino Alto Adige (44,2%), Lombardia (42,5%), Piemonte (37,2%), Emilia Romagna (31,4%), Toscana (30,7%), FVG (30,4%), Valle d'Aosta (28,4%), Umbria (24,2%) e Liguria (18,3%). Maglia nera a Molise (5,2%), Basilicata e Sicilia (5,5%). Notizia tratta da www.ansa.it 

Discorsi confusi ma sentiti di una domenica d'inizio maggio dopo un bel temporale.
Dove abito viene effettuata la raccolta differenziata da ben 7 anni. Plastica, carta, vetro, umido, secco, batterie, rifiuti pericolosi e medicinali negli appositi bidoni. Differenziando quindi i rifiuti. Da ben 7 anni il mio vicino di casa, i figli e la moglie NON effettuano la raccolta differenziata. Tenendo conto che quando iniziò la raccolta differenziata entrambi i figli dei miei vicini erano ancora  in età scolare OSEREI dire che l'educazione in famiglia e della scuola ha fatto un bel lavoro. La figlia maggiore dei miei vicini due anni fa ha figliato... quindi la tradizione del me ne frego del mio pianeta verrà protratta nel tempo. I miei vicini hanno dei sacchi neri sul balcone... quando questi sacchi raggiungono l'altezza media di un ragazzino di quinta elementare fanno sparire i suddetti sacchi contententi: vetro, carta, umido, secco, farmaci scaduti e chi più ne ha ne metta.
Sono per la non violenza... ma questa simpatica ed educata famiglia rispettosa esclusivamente delle proprie esigenze beh... se sparisse dalla faccia della terra sarebbe solo positivo. Ecco ora mi sento meglio.
Cordialità.

giovedì 3 maggio 2007