lunedì 8 settembre 2008

Cari terrorisi è ora di pagare   


Il 17 giugno del 1974 giunse alle redazioni dei giornali un foglio ciclostilato sormontato da una stella a cinque punte. Era il primo comunicato delle allora e per lungo tempo «sedicenti» Brigate Rosse. Questo il testo: «Lunedì 17 giugno 1974, un nucleo armato delle Brigate Rosse ha occupato la sede provinciale del Msi in via Zabarella. I due fascisti presenti, avendo violentemente reagito, sono stati giustiziati».
Era andata così: il sessantenne Giuseppe Mazzola e il ventinovenne Graziano Gilarducci si trovavano quel giorno nella sede milanese del Movimento sociale quando irruppero, pistole puntate, due brigatisti, Fabrizio Pelli e Roberto Ognibene. Sulle scale, a fare da palo, erano appostati Susanna Ronconi e Martino Serafini. Ad attenderli in strada, al volante di un’auto, Giorgio Semeria, autista del commando. Il primo a reagire fu Giuseppe Mazzola, che, nel tentativo di strappargliela di mano, afferrò per la canna il revolver di uno dei due brigatisti al quale, immediatamente dopo, Graziano Gilarducci saltava al collo. Nella colluttazione Mazzola cadde a terra e a questo punto il secondo brigatista esplose due colpi. Il primo colpì alla spalla Gilarducci. Il secondo la gamba e l’addome di Mazzola. Dopo averli resi inoffensivi, il brigatista sparò altri due colpi. Mirando alla testa e uccidendoli - «giustiziandoli» - sul colpo.
Negli anni successivi e fino al 1980, la magistratura sembrò più interessata a seguire la pista «nera» piuttosto che quella, sedicente, «rossa». Ma poi qualche pentito cominciò a parlare, le indagini presero un’altra direzione e il commando di via Zabarella finì sotto processo. E finalmente, nell’anno del Signore 1992, Semeria, Ognibene, Pelli, Serafini, Susanna Ronconi, Renato Curcio, Alberto Franceschini e Mario Moretti - la nomenclatura brigatista - furono condannati (gli ultimi tre per «concorso morale in omicidio») in Cassazione. Con sentenza, dunque, definitiva.
Otto anni più tardi, Piero Mazzola, figlio di uno dei due «giustiziati», intentò causa civile «per una questione di principio - precisò - perché se mai arriveranno i soldi, saranno interamente devoluti in beneficenza». Il processo si è concluso in questi giorni con la condanna dei brigatisti al risarcimento dei danni: 350mila euro, oltre agli interessi di 34 anni, ai familiari delle due vittime. Ma i brigatisti pare non abbiano una lira e quel po' lo difendono con le unghie e con i denti (per sfuggire all’ufficiale giudiziario Serafini s’è addirittura barricato in casa. Ma con uno stratagemma l’ufficiale è poi riuscito a entrare pignorandogli il televisore al plasma e un paio di mobili di qualche valore).
Non resta quindi che il pignoramento del quinto dello stipendio, che è poca, pochissima cosa (Curcio è socio di una coop; Susanna Ronconi, lei Caina, lavora per il gruppo Abele; Roberto Ognibene è geometra al Comune di Bologna e gli altri non hanno reddito fisso). I giustizieri la passeranno dunque liscia, ma non così liscia come sperano se fosse accolta una proposta avanzata da Giuliano Ferrara e che facciamo con sincera convinzione ed anzi, con energia, nostra: confiscare i proventi delle esibizioni mediatiche di quel gruppo di assassini. E ci aggiungerei anche i proventi delle loro produzioni editoriali, marchette comprese.
Ciò servirebbe un duplice scopo: rimpinguare la scarsella del risarcimento (che, è bene ripeterlo, andrà tutto in beneficenza) e costringere i brigatisti a smetterla con le loro narcisistiche esibizioni, con le loro deplorevoli «lezioni», con i loro sgangherati e offensivi addottrinamenti e storicizzazioni e, in sostanza, autoassoluzioni. Un provvedimento del genere li indurrebbe a quella discrezione assai somigliante al pudore che fino ad oggi non hanno mai mostrato come mai hanno mai mostrato segno di pentimento. Ed è ora che paghino anche questo.


Paolo Granzotto su Il Giornale di lunedì 8 settembre 2008

5 commenti:

  1. Quello degli (ex) brigatisti é una vera vergogna in Italia. Ma l'Italia é sempre stato un paese comunsita camuffato da alleato americano. O, forse, l'Italiano medio non se la sente di parteggiare per gli Stati Uniti e preferisce mantenere il piede in due scarpe. Abbiamo cosí l'Italia repubblica democratica e popolare allo stesso tempo. Devo dire che anche la Francia ha le sue colpe e le sue vergogne per aver protetto tanti di quei terroristi rossi...

    Gris

    RispondiElimina
  2. Andiamo bene, l'Italia è un Paese comunista. E allora come mai vince Berlusconi? Mah...
    Comunque il fatto è successo a Padova, non a Milano come dice l'articolo.
    Bella quella del televisore al plasma! ahahah!
    Spero proprio che gli portino via i proventi delle apparizioni tv, per una volta Ferrara ne ha detta una giusta.

    RispondiElimina
  3. Non è la prima volta che Ferrara parla giusto.

    Lu

    RispondiElimina
  4. Pensate a d'Elia, eletto nel precedente governo come segretario alla camera dei deputati. Oppure alla Baraldini, assunta da Veltroni al comune di Roma come consulente, profutamante pagata, dopo aver giurato agli americani che le avremmo fatto finire la pena in carcere. Baraldini è una che non si è mai pentita. Certo che i francesi hanno fatto più schifo di noi, se si può, dando riparo a terroristi del calibro di Battisti Cesare, Toni Negri, Scalzone e la Petrella. E' vero che con Sarkozy sembra iniziata un'inversione di tendenza, anche se Battisti è ancora in Brasile, però in carcere credo, dove era riuscito a scappare, chissà come, prima del promesso rimpatrio. Certo è che la Bruni, la premiere dame, una gauchiste a caviale e champagne, si è raccomandata di trattarla bene, perchè malata. Togliamo una volta per tutte il velo pietoso sulle cosidette "gravisisme" malattie che affliggerebbero tanti ex terroristi. La Baraldini ad. es. veniva descritta dalla stampa di sinistra sul punto di morte, così come Bompressi che dopo la concessione della grazie se ne sta beato a imbottigliare il vino novello nel cascinale di familia. Per non parlare di Sofri che, mentre era ancora, virtualmente, in carcere se na andava di qua e di là a conferenziare, invitato e molto presumibilmente ben pagato, oltre a tenere rubriche fisse su un paio di giornali. Persino Curcio va in giro a tenere discorsi nei circuiti sindacali e la Faranda all'uscita di galera fu ospitata da Costanzo. E cosa ci fa ancora in giro uno come il no global Caruso, eletto in parlamento da RC nel precedente governo, sul cui capo pendono una trentina di procedimenti tra i quali quello di connivenza con gruppi terroristi islamici e che oggi si permette di dichiarare:
    Caruso choc: "Escludono i partitini? Non protestino se li gambizzano"

    http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=290335

    RispondiElimina