giovedì 6 settembre 2007

Disperati dietrofront


 


Ieri sono stati arrestati gli assassini dei due anziani coniugi di Treviso, torturati sadicamente prima di venire uccisi. Uno dei tre era fuori grazie all’indulto concesso per svuotare le carceri e che ha avuto l’effetto di riempire le strade di criminali per niente pentiti, per niente redenti. Tutti i dati indicano che da allora i delitti, dai più gravi ai meno gravi, sono aumentati. E che presto le carceri saranno ancora piene. Ma niente sarà come prima, perché nel frattempo i delinquenti liberati avranno percorso il Paese come una peste lasciando nelle vittime ferite insanabili. Cosa potranno dire a quelle vittime i parlamentari che votarono l’indulto, con l’eccezione della Lega e di Alleanza nazionale? Niente. E niente farà l’attuale governo, le cui forze erano a suo tempo schierate all’unisono per l’indulto e che nel frattempo non ha risolto i problemi delle carceri né quello della sicurezza.
Forse perché troppo occupato a discutere l’atteggiamento da tenersi verso i lavavetri, il governo non ascolta neanche se stesso. I tre sadici assassini di Treviso sono due albanesi e un romeno, e forse solo adesso si comincerà a prendere in considerazione un rapporto presentato in giugno dal ministro dell’Interno Giuliano Amato sulla criminalità nel 2006. Ne risulta che in Italia gli stranieri costituiscono il 51 per cento dei denunciati per rapina o furto in abitazione, il 45 per cento per rapina, il 39 per cento per violenze sessuali, il 36 per cento per gli omicidi consumati e il 31 per cento per quelli tentati, il 27 per cento per lesioni colpose. Se a queste percentuali si sottrae quella relativa agli immigrati regolari, si sale al 74 per cento per omicidio, al 72 per cento per il tentato omicidio, al 62 per cento per violenza carnale e al 63 per cento per sfruttamento della prostituzione. E gli immigrati sono una percentuale molto al di sotto del 10 per cento della popolazione italiana.
Poiché la statistica è una scienza matematica e priva di passioni, qui non c’entrano davvero i pregiudizi, si tratta di dati oggettivi. Se si vogliono fare delle analisi sociali, tutto è comprensibile e spiegabile. Si può dire che non bisogna fare d’ogni erba un fascio, che ci sono i buoni e i cattivi. Si può considerare che molti vivono in condizioni di disperazione e di mancanza di lavoro. Si può pure ricordare, come viene sempre fatto, che anche fra gli italiani emigrati in America c’era una gran quantità di criminali. Ma, una volta spiegato e capito tutto, resta la realtà di un Paese gravemente danneggiato, nella carne e nello spirito, da un’immigrazione che non si riesce a controllare né per quantità né per qualità.


Uno dei primi provvedimenti presi dal governo Prodi fu lo smantellamento della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, che era migliorabile ma poneva freni forti all’immigrazione selvaggia. Il cambiamento di quella legge, sostituita con una molto più lassa, venne festeggiato come una conquista di civiltà. Però non è civiltà portare fra noi una barbarie incontrollata. La civiltà non è fare entrare un disperato, non essendo in grado di dargli un lavoro, e poi discutere se può o meno guadagnare lavando i vetri ai semafori, nella speranza assurda che – preso dalla disperazione – non diventi un delinquente.
www.giordanobrunoguerri.it  su Il Giornale del 05/09/2007

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